Preludio







Camminavo per le strade puzzolenti dei sobborghi di Parigi quando, tra i ricordi, solo la tua immagine tornava. In quell'estate, scivolata via tra un po' di whisky e un po' di marmellata, niente ancora succedeva ché, di li a poco, l'omino frettoloso già scendeva per il vicolo dove avevo casa solo qualche mese fa. La stanza buia. Nel silenzio di un momento, le mie mani in cerca delle tue. Il pensiero alto sulle rive di quel fiume. Dove tutto cominciò.

Portavo il cane a passeggiare dietro la pineta. Giù per la stradina si arrivava sulla riva. Poi di fronte, oltrepassando a piedi nudi il ponte costruito sui barconi, si vedeva, in lontananza, l'ombra che faceva la tettoia del casotto dei gelati. Era caldo. Era umido. Pongo stava con la lingua fuori, per cercar di sopportare meglio la calura. In quella piana a volte desolata ed incurante degli stati d'animo inquieti, a volte un po' invadente e ineducata; troppe ombre sulla schiena. Troppa vita senza mai respiro quieto. Anni senza accorgermi del vero.

A Parigi ero finito per affari, dopo il lungo inverno ormai passato a meditare sul 'che fare', sul 'che dire'; sul perché, ogni volta, hai bisogno di rivendicare. Poi, stare male. Un legame che si dica tale non richiede citazioni di non so quale manuale. Non crede nell'inganno, e non vuole spiegazioni silenziose. Chiede solo di essere vissuto senza troppe regole ed orpelli, atti solo ad apparire. Non sei fatta per la gioia di incontrare. Sei soltanto poveretta, che della sua vita ha fatto una battaglia mai finita. E quegli altri sfoghi che potresti non mostrare; se soltanto stessi zitta ad ascoltare.

Si parlava di progetti come Manager Internazionale, ma nessuno poi credeva che ce la potessi fare. D'altra parte sto per ritornare a casa mia; senza padre, senza madre; e la donna si è rifatta una famiglia più normale. Il mio treno parte per le nove di domani; e, a Milano, non ho più nemmeno un cane che mi aspetti alla stazione, per un giro ed un buon drink, preso assai di fretta al botteghino del capostazione. Quanto è strano quel 'sultano' che portiamo tutti dentro, che d'un botto salta fuori a rimestar le carte. Quanto è strano non avere più alcun senso da seguire. Nessun uomo da cercare.




















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